icerbox Ndiaye cheffe by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

In un periodo in cui credevo di dover giudicare con maggiore clemenza la figlia della Cheffe, mi capitò di pensare che lo facesse apposta ad arrabbiarsi o a recriminare alla minima occasione, cercando di accendere nel proprio sguardo la vita che le mancava, della quale aveva solo l’apparenza e mai il sentimento, il cui gusto le era sconosciuto, nella speranza che quella fiamma, una volta accesa, si sarebbe propagata in tutta la sua persona, permettendole di conoscere l’emozione di sentirsi viva e non più solo la cupa esperienza di saperlo, non so se è davvero così, o meglio, se era davvero così, perché ormai è da tanto che ho rinunciato a capire la figlia della Cheffe, insomma, ecco, lei somigliava a sua madre nel modo più sardonico, più incomprensibile, ed è per questo forse che la si può compatire, sì, perché in effetti dovette domandarsi spesso chi di loro due la sorte aveva voluto punire prendendosi gioco di lei fino a quel punto, la Cheffe o se stessa? E in questo caso, perché?

Non essendo sordo al richiamo della ragione, seguo i consigli dei miei amici di Lloret de Mar almeno per quanto riguarda la guida, e sono sobrio mentre vado veloce verso la stazione di Blanes dove mia figlia Cora sta per arrivare, così sobrio che in questo tardo pomeriggio di giugno tutto mi appare sotto una luce fulminante, profetica, mi sembrano eloquenti e anzi insistenti le palme ingiallite le nuvole gonfie la strada piena di buche, e tuttavia non riesco a cogliere nulla di questi messaggi proprio perché non ho bevuto, la mia fantasia è esaurita e so che se mi fermassi lì in quell’hotel sul bordo della strada a bere qualcosa, il senso di queste grida mute si svelerebbe al mio cuore ansioso e anch’io lo sarei molto meno, ansioso, perché l’alcol regala a ciò che intravedo e che mi preoccupa un senso che mi rassicura sempre. E scopro che tutti i tuoni e i fulmini scatenatisi contro di me volevano solo salutarmi e accompagnarmi sulla strada che mi porta verso Cora, ciò da cui mi sentivo insultato voleva soltanto congratularsi perché vado a prendere Cora e ospito Cora a Lloret de Mar, l’unico posto in cui vivo, perché presento Cora ai miei amici di Lloret de Mar che ci aspettano stasera sulla terrazza di Anne-Marie e che sono così gentili così affettuosi da rallegrarsi davvero di conoscere mia figlia.

Entrai alla Bonne Heure come apprendista a diciannove anni, munito di un attestato di formazione a cui la Cheffe non dette nemmeno un’occhiata quando, in un pomeriggio di primavera, mi ricevette in sala, mi fece accomodare di fronte a lei e mi rivolse qualche semplice domanda con la sua voce posata, al tempo stesso chiara e bassa, passandosi con gesto meccanico la mano lenta e tranquilla sulla superficie lucida dei capelli, così appiattiti e tirati verso il piccolo chignon che mi sembrava si stesse accarezzando il cranio nudo e lucido, non avevo mai visto un volto come il suo,

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